Sant’Agnese vergine e martire

 “O  santa povertà a chi  la  possiede  
     e  la  desidera è  promesso da Dio
   il regno dei cieli  ed è senza dubbio
  concessa gloria eterna e vita beata!”
                                            (Santa Chiara)

Origini

Nel 1305 un notabile di Perugia, Paolo d’Angelo, nel suo testamento lascia il palazzo e la vigna, siti nel rione di porta Sant’Angelo, come “luogo religioso sotto i Frati Minori”. La volontà fu rispettata dal nipote Vanni il quale nel 1327 cedette il palazzo al monastero di Sant’Agnese di Boneggio, dell’Ordine di Santa Chiara, situato nella campagna fuori Perugia.
Dell’origine del monastero a Boneggio non si sa molto se non che esisteva già dal 1297 e nel 1321 in un documento ufficiale se ne parla come facenti parte dell’Ordine di Santa Chiara.
Nel 1328 il cardinale protettore dell’Ordine dei Minori e delle Clarisse, concede alle sorelle del monastero di Sant’Agnese di trasferirsi in città. Le Clarisse rimasero in questo luogo fino al 20 agosto 1428, quando, con bolla papale fu disposta la fusione del monastero a quello di San Paolo del Favarone a motivo delle guerre e pestilenze che rendevano pericolosa la vita dei monasteri situati fuori dalle mura cittadine che avevano ridotto il numero stesso delle monache.
L’edificio monastico fu assegnato quale sede delle Terziarie Francescane di Santa Maria di Valfabbrica che vissero in questo luogo fino agli inizi del 1900, quando, per varie vicissitudini la comunità ritornò a far parte del Secondo Ordine Francescano, il 23 febbraio del 1911.
 

Santa Chiara D'Assisi

Chi è Chiara d’Assisi?
(brevi note biografiche)

Chiara nasce nel 1193 (o 1194) in una famiglia dei nobili di Assisi, figlia di Favarone e di Ortolana. Abita in una casa che si affaccia sulla piazza di S. Rufino. Fin da piccola impara dalla madre a pregare, ad aiutare i poveri. Durante la lotta tra Assisi e Perugia, insieme alla sua famiglia, si trasferisce a Perugia (tra gli anni 1202-1205). Dopo il suo ritorno ad Assisi, vive l’inizio dell’avventura evangelica di Francesco al quale si sente attratta tanto da volerlo incontrare più volte fino alla domenica delle Palme, (1211 o 1212), quando, nella notte, fugge di casa per raggiungere i frati alla Porziuncola e li donarsi al Signore povero e crocifisso. Dopo un peregrinare tra le monache benedettine di Bastia e poi nel luogo di S. Angelo di Panzo, Chiara è condotta definitiva
mente, da Francesco e da altri frati, alla piccola chiesetta di S. Damiano, insieme alla sorella Agnese che da poco l’aveva seguita. Qui è raggiunta dall’amica Pacifica e ben presto altre donne, desiderose di seguire Cristo, si uniscono alla piccola fraternità che si stava formando attorno a Chiara. Il loro desiderio è di seguire la linea di Francesco e, seguendo i suoi insegnamenti, scelgono di vivere secondo il Vangelo, in altissima povertà e santa unità, corporalmente rinchiuse.
«Il beatissimo padre nostro Francesco, seguendo le sue orme, scelse per sé e per i suoi frati questa santa povertà del Figlio di Dio, né mai, finché visse, se ne allontanò in nessuna maniera, né con la parola né con la vita» (Testamento di santa Chiara, 36).
Dopo la morte di Francesco, «colonna e nostra unica consolazione dopo Dio e sostegno» (Testamento di santa Chiara, 36), Chiara è custode del dono della nuova spiritualità evangelica portata dal Santo di Assisi e la difenderà fino alla fine, anche ‘lottando’ con il papa che voleva farle avere possessioni per la sicurezza economica del monastero. Solo poco prima di morire Chiara vede coronato il suo desiderio di avere una Forma di Vita approvata dal papa nella quale si riconosce il privilegio di vivere la povertà da lei sommamente amata perché scelta dal Figlio di Dio!
Alla fine della sua vita, le sorelle la sentono pronunciare questo grande inno alla vita, all’amore, al Signore:
“Va’ secura in pace, però che haverai bona scorta, perochè quello che te creò innanti te santificò, et poi che te creò mise in te lo Spiritu Sancto; et sempre te ha guardata como la matre lo suo figliolo lo quale ama”. Et agionse: “Tu, Signore, sij benedecto, lo quale me hai creata” (Processo di canonizzazione, terza testimonia, sora Philippa).
Parole che rivelano ciò che abita nel cuore di Chiara, la quale l’11 agosto 1253, lascia questo mondo per incontrare ed abbracciare quel “Re della gloria” che tanto ha amato.

Lettere ad Agnese di Praga

1. Alla venerabile e santissima vergine la signora Agnese, figlia dell’eccellentissimo e illustrissimo re di Boemia. 2. Chiara, indegna famiglia di Gesù Cristo e  ancella inutile delle  signore rinchiuse del monastero di San Damiano di Assisi, sua suddita e ancella  in tutto e per tutto, si raccomanda in ogni modo con speciale rispetto, e augura di acquistare la  gloria della felicità eterna.
3.Mi rallegro  moltissimo ed esulto  nel Signore  all’ udire la rinomanza del vostro santo tenore di vita onorata, la quale  è  giunta non  solo fino a me, ma si è sparsa in modo segnalato per il mondo intiero. 4. Di ciò non debbo  rallegrarmi io sola, ma tutti coloro che servono o desiderano servire Gesù Cristo.
5.Il motivo è questo: potevate godere più di qualunque altro dello sfarzo,  degli onori, della dignità secolare,  essendo a vostra portata divenire con grande prestigio sposa legittima dell’ inclito  imperatore, cosa  che sarebbe stata confacente alla vostra e alla sua eccelsa condizione. 6. Ma voi, rifiudando tutto ciò, avete piuttosto eletto con tutta l’ anima e lo slancio  del cuore la santissima povertà e la penuria corporale, 7. dandovi a sposo  di  nobiltà superiore, il Signore Gesù Cristo, il quale custodirà la vostra  verginità  sempre intatta e senza macchia.
8. Amandolo, siete casta; accarezzandolo, sarete più pura; lasciandovi da lui possedere, sarete vergine. 9. La sua possanza è la più  forte, la sua generosità ineguagliabile, il suo aspetto il più seducente, il suo amore il più soave, la sua grazia la più squisita. 10. Siete gia stretta  nell’amplesso di lui, che ornò il vostro petto di pietre prezionse e fissò ai vostri orecchi  perle inestimabili, 11. e   tutta vi rivestì di gemme trasparenti  e brillanti, e vi incoronò con una corona d’oro, incisa col  marchio  della santità.
12. Allora, sorella carissima, anzi signora degna d’ogni omaggio, perché siete sposa e madre e sorella del Signore mio  Gesù Cristo, 13. fregiata  del vessillo smagliante della verginità inviolabile e della santissima povertà, rafforzatevi nel santo servizio, già intrapreso con desiderio ardente,  verso  il povero crocifisso. 14. Lui sostenne per noi tutti il supplizio della croce strappandoci dal potere del signore delle tenebre, sotto il quale eravamo stretti con catene per  la trasgressione del progenitore, e riconciliandoci con Dio Padre.
15. O beata povertà, che procura riccchezze eterne a chi l’ama e l’abbraccia.
16. O santa povertà, in quanto  il regno dei cieli è senza dubbio riservato da Dio a chi desidera averla, insieme a gloria eterna e vita beata.
17. O pia povertà, che il Signore Gesù Cristo, lui che reggeva e regge su terra e cielo, lui che pronunciò  una parola e tutto  fu fatto, si degnò di abbracciare al di sopra di ogni  altra cosa.
18. Infatti disse: « Le volpi  hanno le loro tane e gli uccelli del  cielo i  loro nidi, ma il figlio dell’uomo », cioè Cristo,  « non ha dove reclinare  il suo capo », ma inclinatolo rese lo spirito.
19. Dunque, se un tale e tanto grande signore quando scese  nell’ utero verginale volle apparire nel mondo disprezzato, indigente e povero, 20. perché gli uomini, che erano poverissimi e  indigenti, affamati  per mancanza di cibo  celeste, fossero da  lui arricchiti col possesso del regno celeste, 21. esutate e godete colma di immenso gaudio  e letizia spirituale. 22. Infatti la  vostra ricompensa sarà  copiosissima in cielo, avendo  voi preferito il disprezzo  del secolo agli onori, la povertà  alle ricchezze temporali, affidando  i tesori al  cielo piuttosto che alla terra, 23. là dove né rugine corrode né tarlo divora, né ladri scavano  per rubare. 24. Con ciò  a ragione avete  meritato di essere chiamata sorella, sposa e madre del figlio dell’altissimo Padre e della vergine  gloriosa.
25. Visto che il regno dei  cieli è promesso dal Signore  solamente ai poveri, in quanto se si ama cosa temporale si perde il frutto della carità, sono sicura che voi siete  consapevole 26. come non si possa servire a Dio e a mammona,  perché o si ama l’uno e si odia l’altro, o si serve l’uno e si disprezza l’ altro. 27. Anche vi è noto  come un uomo vestito non possa combattere con uno nudo, perché più presto è gettato  a terra colui che offre una presa. 28. Sapete anche non  esser possibile  stare con gloria nel secolo e  regnare con  Cristo. E perché prima passerà per la cruna d’un ago un cammello che un ricco possa scalare il regno  celeste, 29. perciò avete buttato via i vestiti, vale a dire le ricchezze temporali, per non soccombere in nulla all’avversario ed entrare per la via ripida e la porta stretta nel  regno celeste.
30. Magnifico davvero e  lodevole scambio lasciare i beni temporali per gli eterni, meritarsi i celesti per i terreni, ricevere il cento per uno  e possedere in perpetuo una vita beata.
31. Perciò ho ritenuto di implorare per l’amore di Cristo dalla  vostra eccellente santità, quanto mi è possibile, umile preghiera, che vogliate rafforzatevi nel suo santo servizio, 32. crescendo di bene in meglio, di virtù in virtù, perché colui al quale servite con tutto l’ anelito della mente si degni di consegnarvi la ricompensa sospirata.
33. Vi scongiuro  ancora nel  Signore, quanto mi è possibile, di tenere presenti nelle sante vostre orazioni me, vostra famiglia, sebbene inutile, e le altre sorelle che dimorano con  me in monastero, tutte a voi devote. 34. Con il loro soccorso possiamo meritare la misericordia di Gesù Cristo, per giungere insieme a voi al godimento della  visione di  Dio.
35. State bene nel Signore e pregate per me.

1. Alla figlia del re dei re, all’ ancella del signore dei signori, alla degnissima sposa di Gesù Cristo e per questo regina, la nobilissima signora Agnese, 2. Chiara, ancella inutile indegna  delle povere signore, salute, con l’augurio di vivere sempre in massima povertà.
 
3. Dico grazie all’elargitore della grazia, da cui si crede provenga ogni bene sommo eogni  dono perfetto, che ti ha  ornata di così numerosi  titoli di virtù e ti ha decorata con le  insegne di una così grande perfezione, 4. in modo che, fattati solerte imitatrice del Padre perfetto, meriti  ora di esser fatta da lui così perfetta che i suoi  occhi non  vedano in te neppure un  minimo che di  imperfetto.
 
5.In ragione di una simile perfezione,  il re stesso ti assocerà a lui  nell’ etereo talamo dove siede glorioso su un soglio di stelle, 6. perché, tenendo a vile il fasto del regno terreno e sdegnando i vantaggi di nozze imperiali, 7. fatta emula della santissima povertà in spirito  di grande umiltà e ardentissima carità, hai calcato le orme di colui al quale meritasti  di essere congiunta in matrimonio.
 
8. Sapendoti carica di virtù, risparmiando sulle parole, non voglio caricarti di parole superflue, 9. anche se nulla ti parrà superfluo in parole dalle quali possa uscire qualche conforto.
 
10. Ma siccome una  sola cosa  è necessaria, di questa sola ti prego istantemente per amore di colui al quale ti sei offerta come vittima santa e gradita: 11. memore della tua decisione, come una seconda Rachele, con lo sguardo sempre rivolto al punto di partenza, ciò che hai in mano, tienilo stretto, ciò che stai facendo, fallo e non tralasciarlo, 12. ma con corsa spedita, passo leggero, piede sicuro, in modo che  i tuoi passi non sollevino polvere, 13. avanza sicura, gioiosa, vivace sul sentiero d’una pensosa felicità, 14. senza prestar fede né consensi a chiunque voglia sviarti dalla tua determinazione, o metterti sulla strada un ostacolo che t’impedisca di rendere all’altissimo le tue grazie in quella forma di perfezione alla quale ti chiamò  lo  spirito del Signore.
 
15. Quanto poi al punto d’ un avanzamento sicuro sulla strada dei divini comandi, segui il consiglio del venerabile nostro padre,  il nostro fratello Elia, ministro generale, 16. che anteporrai ai consigli d’ ogni altro, stimandolo più caro di qualsiasi dono.
 
17. Se poi qualcuno ti parlerà in altro modo  o ti suggerirà altra cosa che impedisca la tua perfezione o che ti parrà  contraria alla chiamata divina, pur dovendolo rispettare, non  seguire il suo consiglio, 18. bensì abbraccia vergine povera Cristo povero.
 
19. Vedilo fatto spregevole per te, e, fatta per lui spregevole in questo mondo, seguilo. 20. Quel tuo sposo bellissimo tra i figli dell’uomo, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uominim spregevole, percosso flagellato più e più volte in tutto il corpo, moribondo fra le angustie della croce, guardalo, o regina nobilissima ma, consideralo, contemplalo, bramando di imitarlo.
 
21. Se lo compatirai, regnerai con  lui, se lo compassionerai, godrai con lui, se morirai con lui sulla croce delle tribolazioni, dividerai con lui le dimore eteree nello splendore dei santi, 22. e il tuo  nome sarà annotato nel libro della vita, destinato a essere glorioso in mezzo  agli uomini.
 
23. Per tutto ciò acquisterai per l’eternità e nei secoli dei secoli la gloria del regno celeste al posto di cose terrene e transitorie, i beni eterni al posto dei caduchi e vivrai nei secoli dei secoli.
 
24. Ti saluto, carissima sorella  e, per merito del Signore tuo sposo, signora, 25. e studiati di raccomandare  al Signore nelle tue  devote orazioni me e le mie sorelle, tutte piene di gioia per  il bene  divino che  egli opera in te per sua grazia.
 
26. Raccomandaci anche, e istantemente, alle tue sorelle.
1. Alla signora in Cristo veneratissima e amabile al di sopra di ogni mortale sorella Agnese, sorella germana dell’ illustre re di Boemia, ma oramai sorella e  sposa del sommo re dei cieli, 2. Chiara, umilissima e indegna ancella di Cristo e serva  delle povere signore, esprime  la gioia di darle il saluto nell’autore della salute e quanto di meglio si possa desiderare.
 
3. Alle notizie della tua prospera salute, della  tua ottima condizione  e  dei robusti risultati che,  sento dire, ti sollecitano nella corsa verso la conquista del  premio celeste, mi  sento piena di tanta gioia, 4. e tanto più mi si rallegra il respiro per esultanza nel Signore, in quanto mi rendo  conto con ferma persuasione che supplisci mirabilmente al difetto mio e delle mie sorelle nell’imitare  Gesù Cristo povero e umile.
 
5.Veramente posso gioire e nessuno potrebbe distogliermi da una simile gioia, 6. perché ho già acquisito quanto ho maggiormente desiderato di avere sotto il cielo: infatti ti vedo sostenuta da una, per così dire, facoltà meravigliosa  di sapienza che si sprigiona dalla stessa bocca di Dio, e ti osservo scalzare in modo terribile e imprevisto le astuzie di un nemico pieno  di furbizia, e la superbia, rovina  della natura umana, e la vanità che gonfia i cuori degli uomini. 7. E ancora ti vedo stringere a te, con le braccia della povertà e umiltà e con la forza della fede, il tesoro incomparabile nascosto nel campo del mondo e del cuore umano, quello con cui si acquista quel tale che tutto trasse dal nulla. 8. E così, per dirla in modo migliore con le parole dell’apostolo, ti giudico coadiutrice dello stesso Dio e sostegno delle membra vacillanti del suo corpo ineffabile.
 
9. Chi allora potrà  impormi di non gioire in presenza di così numerose e mirabili gioie?
 
10. Gioisci dunque sempre  anche tu nel Signore, o carissima, 11. né ti avvolga nebbia di amarezza, o dilettissima signora in Cristo, gioia degli angeli e corona delle sorelle.
 
12. Posa la tua mente davanti allo specchio dell’eternità,
 
    posa la tua anima davanti  allo spendore della gloria,
 
13. posa il tuo cuore davanti alla figura della divina sostanza e, contemplando, trasformati tutta nell’immagine della sua divinità, 14. così  che anche tu senta ciò che sentono gli amici gustando la dolcezza nascosta che Dio fin dal principio ha riservato a chi lo ama.
 
15. E mettendo da parte le cose che in questo mondo bugiardo e inquietante incatenato i suoi ciechi amanti, ama esclusivamente colui che ha dato tutto se stesso per amor tuo. 16. Sole e luna ammirano la sua bellezza; il pregio delle sue ricompense è incomparabile, la loro grandezza smisurata. 17. Parlo del figlio dell’altissimo, che la Vergine partorì restando vergine.
 
18. Unisci alla dolcissima madre di lui, la quale generò un figlio tale che i cieli non potevano contenere, 19. eppure lei lo raccolse nel piccolo  chiostro del suo utero santo e lo portò nel suo grembo di fanciulla.
 
20. Chi non avrà in orrore le insidie del nemico dell’ uomo, che con il miraggio opulento di cose caduche e glorie bugiarde tenta di ridurre in nulla ciò che è maggiore del cielo? 21. Ecco, è ormai chiaro che, per grazia divina, la più degna fra le creature, l’anima dell’uomo fedele, è maggiore del cielo, 22. poiché i cieli con il resto del creato non possono contenere il  creatore, mentre solo l’anima fedele è sua dimora e sede, e ciò unicamente in ragione della carità di cui gli empi sono privi, 23. come afferma la verità stessa: Chi ama me sarà amato da mio padre, e io lo amerò, e verramo da lui e in lui fisseremo la nostra dimora.
 
24. E allora, come fece materialmente la gloriosa vergine delle vergine, 25. così anche tu seguendo le sue tracce, quelle specialmenete di umiltà e povertà, senza dubbio lo potrai portare sempre spiritualmente nel  tuo seno casto e verginale, 26. contenendo colui  dal quale e tu stessa e il tutto sono contenuti, possedendo quella cosa che, a paragone dei possessi di questo mondo, più saldamente  è posseduta.
 
27. In ciò s’ingannano i re e le regine di questo mondo, 28. che pur elevandosi nelle loro ambizioni fino al cielo, toccando con le loro teste  le nubi, alla fine si perdono convertiti in sterco.
 
29. Intorno alle  cose su cui mi hai  chiesto un parere, 30. cioè, se ho ben capito il tuo pensiero, quali sono le feste che eventualmente il nostro  glorioso padre san Francesco ci consigliò di  celebrare con minor rigore alimentare, ho pensato di rispondere alla tua carità in questo modo. 31. Sappia la tua prudenza che, a  parte le deboli e le ammalate, circa le quali ci ammonì istantemente di usare, in fatto di alimenti, ogni larghezza a noi possibile, 32. nessuna di noi, se sana e robusta, dovrebbe mangiare cibi non  conformi al regime quaresimale, sia in  giorni feriali che festivi, digiunando quotidianamente, 33. tolte le domeniche e il  natale del Signore, dove dovremmo mangiare due volte. 34. Ugualmente i giovedì del  tempo ordinario ciascuna  può  fare a sua scelta, in modo che chi non voglia non  sia tenuta a  digiunare.
 
35. Tuttavia noi, se in buona  salute, digiuniamo volontariamente ogni giorno, fuorché a natale e di domenica.
 
36. Nondimeno, in tutte le pasque, come dice uno scritto di  san Francesco, e nelle feste di  santa Maria e dei santi apostoli non siamo tenute a digiunare, fuorché quando cadono di venerdì .
 
37. Tenuto presente, come detto sopra, che noi,  sane e robuste, sempre mangiamo cibi quaresimali.
 
38. Siccome però la nostra carne non è di bronzo e la nostra robustezza non è di sasso, 39. anzi siamo fragili ed esposte a ogni debolezza di corpo, 40. ti prego istantemente nel Signore, o carissima, di  tirarti indietro con saggezza ponderata da una tal quale esageratà e impossibile austerità  alimentare, nella quale ti sei istradata. 41. Questo  perché rimanendo in vita, lodi il Signore, e gli renda un ossequio ragionevole e il tuo sacrificio si sempre condito di sale.
 
42. Stai sempre bene nel Signore, nella misura  in cui  io lo desidero per me, e raccomanda sia me stessa che le mie sorelle alle tue sorelle  consacrate.
1. Alla metà della sua anima, allo scrigno prezioso colmo di intimo amore, l’illustre regina sposa dell’eterno re Agnello la signora Agnese, sua madre carissima e figlia prediletta più di ogni altra, 2. Chiara, indegna domestica di Cristo e ancella inutile delle sue ancelle dimoranti nel monastero di San Damiano di Assisi, 3. salute, con l’augurio di cantare, insieme con gli altri santissimi vergini, il nuovo cantico davanti al trono di Dio e dell’Agnello  e di seguire l’Agnello dovunque vada.
 
4. O madre e figlia, sposa del re di tutti i secoli, non devi per nulla stupirti se  non ti ho scritto spesso, come l’anima tua non meno della  mia desidera  ardentemente, 5. né devi minimamente credere  che l’incendio della carità che ti porto bruci meno soavemente nelle viscere della madre tua.
 
6. Questo è il fatto: l’ hanno  impedito carenza di messaggeri e pericoli manifesti lungo le strade.
 
7. Ora invece, mentre sto scrivendo alla tua carità, gioisco ed esulto con te nella gioia dello spirito, o sposa di Cristo, 8. perché, sprezzate tutte le vanità di questo mondo,  ti sei mirabilmente sposata, come l’altra santissima vergine santa  Agnese,  all’ Agnello immacolato che toglie i peccati del mondo.
 
9. Felice  certo  colei a cui è stato possibile realizzare questo connubio per unirsi col più profondo del cuore a colui 10. la cui bellezza ammirano senza posa le  schiere beate dei cieli, 11. il cui affetto avvince, la cui  vista ristora, la cui amorevolezza sazia, 12. la cui soavità ricolma, la cui memoria riluce soavemente, 13. al cui profumo rivivranno i morti  e la cui visione gloriosa  farà beati tutti i  cittadini della Gerusalemme superna.
 
14. E poiché egli è splendore di gloria e candore di luce eterna, egli è anche specchio senza macchia.
 
15. Questo  specchio, guardalo ogni giorno, o regina sposa di Gesù Cristo, e senza posa scruta in esso il tuo volto 16. per ornarti, rivestendoti tutta dentro e fuori di variopinti ornamenti, 17. e farti bella, con fiori e  stoffe  di ogni virtù, come conviene a figlia e sposa dilettisssima del sommo re.
 
18. In questo specchio brillano la  beata povertà,  la santa umiltà  e l’ ineffabile carità come, con l’aiuto di Dio, potrai verificare percorrendolo per intiero.
 
19. Fai attenzione, voglio dirti, al principio di questo specchio, cioè  la povertà di lui deposto in una mangiatoia e ravvolto in pannicelli. 20. O mirabile  umiltà o stupenda povertà: 21. il re degli angeli, il signore  del cielo e della terra è adagiato in un presepio.
 
22. Nel mezzo dello  specchio guarda l’ umiltà  santa, la beata povertà, nelle fatiche e pene senza numero che sostenne per la redenzione del genero umano.
 
23. Nel termine dello stesso specchio  contempla l’ ineffabile carità, in forza della quale volle  patire sul legno della croce e su quello morire d’ una morte la più vergognosa.
 
24. Perciò quello stesso specchio, posto sul legno della croce,  richiamava l’attenzione dei passanti a riflettere  su queste cose quando diceva: 25. « O voi tutti che passate per via, fermatevi e guardate se c’è dolore pari al mio ». 26. Rispondiamo al suo grido e al suo gemito dicendo  con voce unamine e spirito concorde: « Volto e rivolto nella memoria il ricordo, e ricordando verrà meno a me stessa la mia anima ». 27. Accenditi sempre di più questo ardore di carità, o regina  del re celeste.
 
28. E poi, contemplando le sue indicibili delizie,  richezze e onori duraturi,  29. e sospirando per il troppo desiderio amoroso del tuo cuore, griderai: 30. « Tirami dietro a te, correremo sulla traccia del profumo dei tuoi unguenti, o sposo celeste.
 
31. Correrò e non verrò meno fino a quando non mi introdurrai nella cella del vino, fino a quando 32. la tua sinistra non posi sotto il mio capo e la tua destra non  mi
 
abbracci felicemente, fino a che non mi baci col felicissimo bacio della tua bocca ».   33. Arrivata a questo traguardo  contemplativo, non omettere di dedicare un ricordo alla madre tua poverella, 34. tenendo presente che io ho inciso per  sempre la tua felice memoria sulla tavoletta del mio cuore, perché ti considero  la più  cara  fra  tutte.
 
35. Cosa dire ancora?  Taccia nell’ amore per te la lingua di carne e parli la lingua di spirito.
 
36. O figlia benedetta,  poiché la lingua di carne non potrebbe mai esprimere con pienezza l’ amore che ti porto, 37. ti prego di ricevere con benigna indulgenza ciò che ho  scritto  solo a  metà, cercando almeno  di cogliervi l’affetto materno  dal quale mi sento toccata  ogni giorno in ardore  di carità  verso di te  everso le tue figlie,  alle quali raccomanda istantemente in Cristo  me e le mie figlie.
 
38. A loro volta queste  mie figlie,  ma principalmente la prudentissima verigine Agnese, mia sorella, si raccomandano nel Signore quanto possono a te e alle tue figlie.
 
39. Stai bene, carissima  figlia, insieme alle tue figlie, fino al trono di gloria del grande Iddio; e pregate per noi.
 
40. Raccomando con la presente alla tua carità,  quanto posso, i latori di questo scritto, i nostri carissimi frate Amato, diletto a Dio e agli uomini caro, e frate  Bonagura. Amen.